Pillole di SpiritualiTà
Il Rosario si pone nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana. (San Giovanni Paolo II)
Ecco il vostro Re
di p. Davide Gilioli, icms
VENERDÌ SANTO
Entriamo nel mistero dell'amore e del dono di Cristo,
con una riflessione sulla Liturgia di oggi
Non c’è sicuramente molto da aggiungere alla Parola che Dio ci offre oggi.
Il Passio va letto con calma. Non per emozionarsi, ma per contemplare, rendere grazie e lasciarsi scuotere.
“Sei tu il re dei Giudei?”, da questa domanda in poi, fatta da Pilato a Cristo nel pretorio, questo titolo (“RE”) si cuce addosso a Nostro Signore e lo accompagna per tutta la Sua passione. Gesù stesso lo prende su di sé: “Tu lo dici: io sono re”. Il culmine arriva, poi, con l’ INRI (Gesù Nazareno Re dei Giudei) che da quel Venerdì Santo fisserà quel titolo in eterno su tutti i crocefissi della storia, presentando il Crocefisso del Golgota a tutti gli uomini -nei secoli- come re.
“Ecco il vostro re!” esclama Pilato. Ma la risposta della folla lì radunata è perentoria, proprio come quella degli abitanti della parabola di Luca (Lc 19,14): “Non vogliamo che costui regni su di noi”.
Ed era una folla immensa ad urlarlo. C’erano molte più persone di quelle su cui si posarono gli occhi del governatore romano o che videro i soldati presenti; neanche i Giudei stessi potevano immaginare quanti uomini avrebbero riempito le loro fila nel corso della storia, quante voci sparse lungo i secoli si sarebbero unite alla potenza della loro grida, al rifiuto di Gesù Cristo. Ma Cristo le vedeva, Cristo le sentiva: Non vogliamo che costui regni su di noi; fuori dal mio cuore, fuori dalla mia vita. Questa è la verità che gli sbattono in faccia quegli stessi uomini per cui Lui sta offrendo la vita.
Il dolore fisico di Gesù quel giorno fu immenso: tutti si resta colpiti del racconto dei Vangeli, ci sbalordisce ascoltare le analisi e i dettagli che ci consegna la Sacra Sindone. Ma quanto ferì molto di più il Cuore del Redentore questo Suo amore rifiutato? A tal punto, credo, da spingerlo, in una delle ultime parole pronunciate, a chiedere riparazione.
“Ho sete”. Ho sete, la croce ha una sete bruciante di tutti coloro che la guardano. “Ho sete, - scriveva un sacerdote e poeta cileno – ho tanta sete ci dice il Gloria dalla croce, guardandoci come se fossimo l’acqua del Paradiso”.
Così leggeva quelle parole anche madre Teresa di Calcutta, tanto che ha voluto scriverle sopra ogni tabernacolo delle sue Comunità. Perché nessuna delle sue suore arrivasse mai a dimenticarsi che per Colui che non ha bisogno di nulla, il nostro povero cuore è tutto.
Colmiamo, o quanto meno alleviamo, la sete di nostro Signore, riparando a quelle grida di rifiuto, manifestando davanti a Lui quest’oggi la nostra intima volontà: “Noi sì, Signore, noi sì vogliamo che tu regni su di noi, nei nostri cuore in eterno; vogliamo che la nostra vita sia un Tuo regno”. Esprimiamo, oggi, risolutamente a Gesù la nostra più assoluta fedeltà. E quando il sacerdote nella Liturgia della Passione estenderà la s. Croce, quello sarà il nostro: “Ecco il vostro re!”, chiniamo il capo, rendiamogli l’omaggio del nostro cuore, il dono con il dono della nostra fedeltà. Di fronte al rifiuto di tanti, deve crescere dentro di noi prepotentemente in questo giorno un bisogno, un desiderio grande, di amare Gesù, amarlo con tutto il cuore, l’anima e la volontà.
Decisi a bandire, fermamente, dalla nostra vita tutto ciò che non è a Suo servizio, che non è voluto da Lui, tutto ciò che non è Lui.
Perché su una cosa, credo, in quello straziante dialogo con Pilato, i Giudei hanno avuto ragione: “se liberi costui non sei amico di Cesare”. Stare dalla parte di Gesù vuol dire non accettare compromessi, vuol dire scartare tutto ciò che farebbe di Lui un prigioniero, legandogli mani e polsi sì che non possa più operare in me e attorno a me.
Termina, infine, sul Golgota il racconto della Passione, “… dove lo crocifissero, e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra”. Ci sono tre crocifissi sul Golgota: uno che da la salvezza, uno che la riceve, uno che la disprezza. Questo è il quadro più completo della storia della salvezza che ci consegna il Vangelo.
“Ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. Stupendo, non c’è una parola che cade nel vuoto dinnanzi a Gesù, tutto arriva nel Suo Cuore e, finalmente, ecco una parola di speranza, di amore e di affidamento. E come l’accoglie il Signore!!! Al punto tale che le porte del Paradiso devono iniziare a muoversi sin da subito - qui c’è da aprirsi in fretta! - perché: “oggi sarai con me in Paradiso”. Gli ultimi iniziano già ad essere i primi. Tutto per un semplice “ricordati di me”… ma quanta sete di amore e di affetto ha quel Cuore! Chissà come Cristo Signore accolga i miei atti di amore, le mie preghiere, anche quelle più fugaci, sussurrate, i pensieri che al volo mandiamo verso di Lui. Chissà quanta consolazione riceva anche da essi.
Assistevo in ospedale, qualche anno fa, un anziano e santo sacerdote. Dopo periodi di forte tensione e sofferenza, un pomeriggio, aveva un po’ più di sollievo e mi chiese di passargli un crocefisso che teneva sul comodino dell’ospedale. Inizia a pregare, fissandolo in silenzio, e io mi metto in disparte, per non disturbare, per non rovinare l’intimità di quella preghiera. Dopo, che ne so, una mezzoretta, tenendo sempre gli occhi fissi sul crocifisso, lo sento sussurrare: “Eh, ci siamo voluti bene io e te… tutti e due. Ci siamo proprio voluti bene, tutti e due”.
Si possono dire tantissime cose sulla santità, ma alla fine credo sia questo: poter rivivere quella scena sul Golgota, accogliendo una salvezza che è offerta, riconoscendo presente un amore donato e ricambiandolo con generosità.
“Ci siamo voluti bene… tutti e due”.
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