Pillole di SpiritualiTà
Il Rosario si pone nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana. (San Giovanni Paolo II)
“Questo è il Mio Corpo - Questo è il Mio Sangue”
di P. Davide Gilioli, icms
GIOVEDÌ SANTO
Entriamo nel mistero dell'amore e del dono di Cristo,
con una riflessione sulla Liturgia di oggi
“Questo è il Mio Corpo - Questo è il Mio Sangue”. Il cuore della s. Messa è da sempre in queste parole, ma oggi, nel Giovedì Santo, nel giorno dell’istituzione dell’Eucarestia, ovviamente esse sono ancora più al centro.
Eppure, nel Vangelo non compaiono. È s. Paolo a riportarle, lasciandole ai Corinzi come ciò che ha ricevuto.
E fa strano, almeno a prima vista, o comunque è singolare, vedere come s. Giovanni, nel suo Vangelo stupendo e profondissimo, non scriva quelle che sono le parole più importanti della storia.
Non le scrive, scegliendo, però, di riassumerle in quella che forse è l’unica espressione che ci permetta di capire davvero ciò che quelle parole vogliano dire, significare e realizzare: “Avendo amato i suoi… li amò sino alla fine”. Come a dire, per parlare dell’Eucarestia non c’è da aggiungere altro.
Cosa è l’Eucarestia? “Li amò sino alla fine”, l’amore smisurato di Cristo fino in fondo, il Suo Cuore.
E a quella indifferenza che ci prende dinnanzi al SS.mo Sacramento, a quella superficialità che così spesso si insinua in noi alla presenza del tabernacolo, a tutte quelle distrazioni che divorano il tempo e l’amore delle nostre comunioni, qui iniziano a tremare le gambe.
Il Giovedì Santo ci è dato perché – di generazione in generazione – possiamo riconoscere e riscoprire come siamo alla presenza, riceviamo (e consacriamo) e ci nutriamo della pienezza dell’amore di Dio, del compimento del Suo amore: l’Eucarestia.
E come raggio di quel sole d’amore, come conseguenza di quel dono, Giovanni descrive la lavanda dei piedi.
“Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino, e cominciò a lavare i piedi dei discepoli, e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto” (Gv 13, 4- 5).
Delicatamente e (qui sì!) con dovizia di particolari, Giovanni dipinge nella nostra mente ciò che fa Gesù. Un gesto così concreto che ci sembra quasi doveroso circondarlo di un alone mistico, per cui siamo naturalmente portati a idealizzarlo, come se prendendolo così come è finissimo quasi per mancare di rispetto.
Ma è, invece, un gesto clamorosamente concreto (una cosa che non era tenuto e non doveva fare -vedi reazione s. Pietro- ma che fa), un atto profondamente “carnale”: Gesù lava 24 piedi polverosi e sporchi.
Cristo serve i 12, i suoi amici, non con la nobiltà di un miracolo (una incredibile guarigione fisica o una inaspettata luce soprannaturale), ma con la banalità di un gesto estremamente fisico e materiale, scandalosamente materiale, lavando i loro 24 piedi polverosi e sporchi.
Il Vangelo, oggi, ci dice come Gesù, i suoi amici, li ami così. Li serva così. Abbassandosi fin dove loro non avrebbero manco immaginato, rendendosi presente con gesti così vicini a loro e così personali e così concreti da portare la logica dell’incarnazione all’estremo.
Lava i piedi anche di Giuda, il Signore. Ma i piedi di Giuda si lasciano lavare anni luce dal suo cuore… ce lo immaginiamo, lì nel cenacolo, con Gesù intento nell’asciugare delicatamente, con tenerezza (chissà quanto amore ci avrà messo Nostro Signore), i suoi piedi e lui lì, indifferente, perso a fissare il soffitto, lasciando i piedi in abbandono. Come se fosse un gesto dovuto, scontato. Come se i suoi piedi fossero fatti per essere lavati da Dio, puliti dal Redentore per tutti i giovedì santi dell’eternità.
Il Giovedì Santo ci è dato perché -di generazione in generazione – possiamo imparare a riconoscere come l’amore di Cristo non resti lassù, sospeso fra le nuvole e l’universo, ma si renda concreto, carnale, anche per me.
Fermiamoci in questo giorno, e osserviamo come ancora adesso Cristo si chini persino sulle parti più lontane dal mio cuore, su quelle più periferiche della mia vita, per servirmi anche lì, per amarmi anche lì, cingendosi la vita e abbassandosi per toccare la mia più “banale” quotidianità.
Dove è che Cristo, ora, sta servendo la mia vita? Dietro quali volti e gesti il Signore si fa dono per me? Già c’è stato Giuda a ritenere che tutto fosse dovuto e scontato, non mettiamoci anche noi. Togliamo gli occhi dal soffitto delle nostre fantasie, progetti, illusione, rabbie, e fissiamoli su ciò che Gesù sta facendo ora per me. Su come adesso, con tenerezza, arrivi anche lì dove non me lo sarei mai immaginato, mi serva e mi circondi del Suo amore anche lì dove non era dovuto. Fissiamo su di Lui il nostro sguardo, con lo stupore di Giovanni che non perde un dettaglio dell’opera di Cristo, con l’imbarazzo di Pietro che davvero si rende conto di ciò che Dio sta facendo per Lui.
È un amore fino alla fine che è presente nell’Eucarestia e che si riversa e tocca continuamente la mia vita.
Il Giovedì santo, infine, è il giorno dell’Istituzione di quel prodigio di misericordia che è il Sacerdozio: ricordiamo e presentiamo, allora, a Lui, quei sacerdoti che sono stati per noi quelle mani del Signore che hanno tolto il nostro sporco sporco, quel tocco delicato che ci ha fatto sentire la Sua tenerezza. Preghiamo per chi ci ha battezzato, confessato, comunicato, benedetto, consacrato, sposato. Preghiamo per tutti coloro che -col sacerdozio- hanno ricevuto questo pezzo di eternità e di risurrezione nella loro anima, perché possano conformare la loro vita a ciò che hanno avuto in dono ed entrare in quell’amore “fino alla fine” del Signore.
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