Pillole di SpiritualiTà
Il Rosario si pone nella migliore e più collaudata tradizione della contemplazione cristiana. (San Giovanni Paolo II)
di Alessandro Giannetti
“Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13, 1).
In occasione dell’Ultima Cena, alla vigilia della Passione, il clima era di amore, di intimità, di raccoglimento. Infatti «Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto» (Gv 13, 3-5). Sicuramente gli apostoli rimasero esterrefatti nel veder compiere al Maestro questo umile gesto che era riservato ai servi, lo avranno capito sicuramente dopo qualche tempo, come Lui disse a Pietro quando non voleva lascarsi lavare i piedi.
Anche per noi oggi può sembrare sorprendente immaginare il Figlio di Dio in questo atteggiamento, mentre ripulisce con le sue mani dalla polvere della strada e dalla sporcizia i piedi degli apostoli. Con tale gesto ci si fa servi gli uni degli altri.
Nella tradizione antica la lavanda dei piedi è un gesto di ospitalità, un gesto compiuto dai servi nei confronti dei loro padroni o dei loro ospiti.
Riconosciamo che non siamo noi a renderci puri, puliti o santi e per questo ci lasciamo lavare i piedi da Cristo: è difficile da capire. Se non lasciamo che il Signore sia nostro servo, che ci lavi, che ci spinga a crescere nella fede, che ci perdoni, non avremo parte con Lui e non entreremo nel Regno dei Cieli. Può sembrare paradossale, ma Dio ci ha salvati servendoci; invece, nella nostra umanità, pensiamo che siamo noi quelli che serviamo Dio. In realtà è Lui che, in primis, ci ha serviti gratuitamente, perché per primo ci ha amati. È difficile amare senza essere amati.
Il paradosso cristiano è questo: è Dio che si fa avanti, è Lui che prende l’iniziativa e ci sta sempre accanto con misericordia, in attesa del nostro “si”. Per questo è importante imparare a ricevere quello che Dio ci vuol dare, imparare a lasciarci “ripulire” continuamente dalle sue mani e farci guidare per corrispondere al suo immenso amore. Occorre riconoscere che il suo amore e la sua umiltà, posti al nostro servizio, raggiungono le vette di un amore infinito quando, durante l’ultima Cena, «prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”» (1 Cor 11, 23-25).
Il Signore ha istituito questo sacramento come memoriale eterno della sua passione, come il più grande miracolo che abbia mai compiuto per la consolazione più grande di coloro che sarebbero rimasti nello sconforto e nella tristezza per la sua assenza. Nell’Eucarestia si dà a noi Egli stesso: il pane e il vino sono per noi il segno concreto della sovrabbondanza di amore e la più grande espressione possibile di umiltà. Il Sacramento dell’Eucarestia permette di identificarci con l’Amato, di fonderci e di compenetrarci in Dio.
Per quanto possiamo immaginare tutto quello che Dio Padre ci ha donato, mai saremo in grado di comprendere questo grande mistero in cui Dio si dona a noi, ci dona sé stesso. Infatti, come disse Papa Benedetto XVI «l’atto centrale dell’essere cristiani è l’Eucaristia: la gratitudine per essere stati gratificati, la gioia per la vita nuova che Egli ci dà».
Ringraziamo Dio per questi due grandi doni straordinari: il sacramento dell’Eucarestia e dell’Ordine, il Sacerdozio.
Oltre questi doni straordinari ricordiamo che Gesù ci ha dato anche Sua Madre, Maria Santissima, testimone del sacrificio di Cristo e Auxilium christianorum.
Il Giovedì Santo è un giorno di gratitudine e di gioia per il grande dono dell’amore sino alla fine, che il Signore ci ha fatto. Vogliamo pregare il Signore in questa ora, affinché gratitudine e gioia diventino in noi la forza di amare unitamente con il suo amore.
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